Il coffee table del living o, per dirla in italiano, il tavolino del salotto, si sta trasformando sempre di più, da piano di appoggio per condividere un caffè con gli amici, a piano espositivo per libri ed oggetti di varia provenienza. Noi siamo molto felici di questo perché può essere bello e divertente avere un ulteriore spazio della casa da sistemare, seguendo la propria sensibilità.
Ma è davvero così? In realtà abbiamo notato, da osservatori attenti, che il display del tavolino sta precipitando, davvero di frequente, in un effetto vetrina: si tende ad accumulare libri, candele ed altre suppellettili con la sola finalità di sorprendere gli ospiti, di essere adeguati alle aspettative degli altri, di ricercare la sicurezza nel giudizio.
Il potere mediatico dei social network, divenuti strumenti e mezzi di esibizione, più che di condivisione disinteressata, non fa che accrescere questo rischio. Stiamo generalizzando? Sì, naturalmente stiamo generalizzando, ma non crediamo sia un caso se effettuando una ricerca per immagini sul “display del coffee table”, magari nella declinazione cromatica bianco-nero, il libro di TOM FORD compaia praticamente sempre.
Ora, non abbiamo nulla contro TOM FORD – lo citiamo solo a titolo di esempio – e crediamo sia giusto e legittimo che gli amanti dello stilista, i seguaci della moda, e gli intenditori delle sue collezioni, abbiano il piacere di possedere e condividere questo libro con gli amici.
Ma se la scelta per questo od altri libri ricade esclusivamente perché il volume ha la dimensione giusta, il colore giusto, ed è “cool” averlo, allora no, noi non ci possiamo trovare d’accordo, perché riteniamo che le relazioni tra le persone, gli spazi e gli oggetti, debbano essere sempre relazioni di verità e armonia.
Non dobbiamo dimenticare che gli spazi, soprattutto quelli della nostra casa, devono essere lo specchio di quello che siamo. E questo per una questione di empatia, perché noi staremo bene sono in quei luoghi che ci corrisponderanno. Finché esisteremo noi, non esisteranno mai oggetti inanimati, pensateci.
Cosa dovremmo mettere, allora, su questo benedetto coffe table? L’unica risposta possibile è “quello che vogliamo”. Quello che rende felice la nostra vista, quello che può suscitare un dialogo con un ospite inatteso, quello che ci ricorda un viaggio del cuore, quello che sa dialogare con ciò che vi è attorno, quello che identifica le nostre vere passioni.
Siamo consapevoli che possa non essere così immediato costruire un’euritmia e far dialogare gli oggetti prescelti in modo adeguato, ma teniamo almeno un punto fermo: scegliamo quello che ci piace, torniamo ad essere noi stessi.
No all’effetto wunderkammer, soprattutto se forzato ed impersonale, sì alla ricerca di equilibrio tra i colori e tra i volumi in gioco, ed ancora sì all’esposizione di pezzi capaci di raccontare chi siamo.
Che cos’è un coffe table? Forse lo specchio dell’anima.
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